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Storie e creazione di resilienza: rinascere dall’incertezza

Storie E Creazione Di Resilienza: Rinascere Dall’incertezza

Storie e creazione di resilienza

Nell’ultimo articolo abbiamo parlato di occasioni nell’incertezza. In questo articolo parleremo di storie e di creazione di resilienza. Il termine deriva dall’ambito della fisica, ma può essere ricondotto a diversi settori. Ad esempio, in ecologia ed in biologia indica la capacità di un materiale di autoripararsi dopo un danno o di un sistema ecologico di ritornare ad uno stato di equilibrio dopo eventi catastrofici. Nel libro ‘ Resilience’ di Andrew Zolli e Ann Marie Healy  potrete leggere di quanto accaduto alla barriera corallina della Giamaica. Nonostante sia caratterizzata da una fragilità nascosta, ‘dormiente’, dalla devastante potenzialità, è risultata in grado di sopravvivere agli eventi catastrofici che si sono susseguiti in poco meno di mezzo secolo di vita.

Tra i fenomeni più affascinanti del mondo naturale vi è la capacità di alcune specie animali e vegetali di mimetizzarsi cioè di assumere forme e colori dell’ambiente per vari scopi, tra cui il più comune è quello di difendersi dai predatori. Pensate al caso in cui da un comportamento di difesa nasce un gioiello, la resilienza dell’ostrica. Quando un elemento estraneo e pericoloso come un granello di sabbia entra in una conchiglia, l’ostrica si chiude e comincia a rivestire l’intruso con parti di sé: attraverso questa difesa nasce la madreperla, preziosa e inimitabile. 

Una storia di resilienza

La resilienza ci ricorda come di fronte alle avversità senza lasciarsi abbattere si possano evidenziare gli aspetti positivi che possono derivare da un momento difficile. Molti sono stati i casi eccezionali che ci hanno fatto emozionare in questa “quarantena forzata” mostrandoci ancora una volta la forza della natura. Questa è la storia di due panda, un maschio ed una femmina di 14 anni, abitanti dello zoo di Hong Kong che avevano raggiunto da anni la maturità sessuale, ma non si erano mai accoppiati. Ora l’accoppiamento, un evento così naturale ma così straordinario per animali a rischio di estinzione, ha emozionato tutto il mondo. Un accoppiamento che è avvenuto lontano da occhi indiscreti vista la chiusura dello zoo.  Non si sa ancora se la femmina riuscirà a portare a termine la gravidanza e darà alla luce un cucciolo, non ci resta che sperare.  

La resilienza: raggiungibile o irraggiungibile? 

Il termine viene utilizzato dalla psicologia per indicare la capacità di un individuo di resistere agli urti della vita senza spezzarsi o incrinarsi, mantenendo e potenziando inoltre le proprie risorse sul piano personale e sociale (Oliverio Ferraris, 2003).  

Ma ognuno di noi può creare resilienza o è un concetto con determinanti biologiche?

Anaut (Anaut, 2003) sostiene che essere resilienti non significa essere individui invulnerabili, inaccessibili alle emozioni, alla sofferenza. La persona resiliente non è un supereroe. La resilienza si raggiunge quando l’individuo trova in sé stesso, nelle relazioni umane, nei contesti di vita, gli elementi e la forza per superare le avversità. Emiliani  presenta la resilienza come una competenza che si sviluppa all’interno della dimensione relazionale. Questa  viene accresciuta e fortificata da tutte le esperienze in grado di favorire un sentimento di efficacia personale e di valorizzazione del Sé. 

I contesti della resilienza

Tra gli elementi costitutivi dei processi di resilienza Newman e Blackburn (2002) hanno individuato tre livelli: 

-individuale, in cui si colloca la persona con le sue caratteristiche distintive di tipo cognitivo, affettivo ed espressivo, nonché le specifiche esperienze di vita; 

comunità prossima è il livello della famiglia e della scuola, in cui avvengono importanti processi relazionali, e di assunzioni di norme e ruoli;

comunità sociale più estesa in cui ritroviamo le variabili macroeconomiche e sociologiche che possono esercitare un  impatto sul singolo, favorendo o ostacolando i processi di crescita.

Resilienza: creare un processo dinamico tra individuo, team, organizzazione 

Dalla letteratura appare chiaro come per essere resilienti siano necessari diversi fattori positivi che si intersecano tra loro.  Per garantire la presenza di un’organizzazione resiliente si deve lavorare in termini di persona, di team e di organizzazione nel suo complesso. Facciamoci guidare da alcune domande.

Come e quando gli altri ti hanno reso resiliente?

– In merito al singolo  

L’Io non esiste senza il Noi. L’identità personale viene costruita solo attraverso una relazione con l’altro-significativo e con l’ambiente circostante. Il singolo è resiliente quando apprende dall’esperienza e si riconosce come creatore di senso. Come afferma Weick, infatti, l’individuo percepisce un determinato aspetto della realtà tramite processi cognitivi e interagisce con l’ ambiente che si è creato: attraverso la connessione con il contesto può modificarlo con le proprie azioni, continuando ad attribuire senso. Ma il processo di sensemaking presuppone un momento collettivo.

Quando hai agito insieme agli altri in modo resiliente?

-In relazione al team

I Team sono il fulcro delle organizzazioni contemporanee per la loro flessibilità, capacità di prendere decisioni in situazioni di rischio e di incertezza e possibilità di trovare soluzioni innovative a problemi complessi (Salas, 2009). Weick e Sutcliffe descrivono un esempio nel raccontare il processo che guida l’atterraggio degli aerei. Quando il jet sta per atterrare, vanno fatte una sequenza di rapide manovre. Chi supervisiona il processo di lavoro è il comandante del traffico aereo. Tutta l’operazione è monitorata da un team composto dall’avvistatore che identifica il tipo di aereo in avvicinamento ed assicura la comunicazione con il pilota e l’equipaggio del ponte. Questo team agisce in forte coordinamento, ottenendo una continua valutazione su ciò che sta accadendo,garantendone l’affidabilità. Ciascun partecipante all’operazione, a prescindere dalla sua collocazione gerarchica, può segnalare l’esistenza di un problema e comunicarlo all’avvistatore, che può, di conseguenza, annullare l’atterraggio.

Cosa vuol dire essere un’organizzazione resiliente?

In riferimento all’organizzazione 

La resilienza organizzativa è la capacità di un’organizzazione di anticipare, prepararsi, rispondere e adattarsi al cambiamento e a inconvenienti improvvisi, con l’obiettivo di sopravvivere e prosperare. In ambito organizzativo la ripresa di un’attività non sempre è sinonimo di un’attività resiliente.  L’agire resiliente implica la possibilità di sviluppare nuove competenze e creare nuove opportunità (Sutcliffe e Vogus, 2003). 

L’organizzazione resiliente

In ambito manageriale, Bruneau (2003) individua 5 dimensioni per la creazione di resilienza organizzativa:

Robustezza: la capacità dei sistemi di resistere a un determinato livello di stress senza perdere funzionalità;

Ridondanza: creare sistemi “funzionali”, che offrano la possibilità di sostituire elementi in caso di necessità;

Intraprendenza: identificare i problemi, stabilire priorità e mobilitare risorse quando esistono condizioni che minacciano il sistema;

Inventiva: applicare risorse (monetarie, fisiche, tecnologiche, informative e umane) nel processo di recupero per soddisfare le priorità stabilite e raggiungere gli obiettivi;

Rapidità: soddisfare le priorità e raggiungere gli obiettivi in ​​modo tempestivo per contenere le perdite, ripristinare la funzionalità ed evitare interruzioni future. 

Creare una storia di resilienza

L’organizzazione resiliente tiene conto delle singole persone, della loro capacità di riflessione sui segnali deboli, di anticipazione dei fenomeni, dei processi di sensemaking; i suoi team devono essere composti da professionalità diverse, capaci di integrarsi e in grado di prendere delle decisioni immediate, efficienti, innovative. La leadership deve essere partecipativa, capace di sviluppare una cultura organizzativa orientata al benessere del singolo, alla comunicazione diretta, al feedback continuo. 

Per creare la sua storia di resilienza, l’organizzazione deve sviluppare: 

– la capacità di andare oltre il rischio apprendendo dalle esperienze, non solo adattandosi cambiamento, ma anche guidandolo;

best practices, per poter ottenere miglioramenti nel business attraverso l’introduzione di nuove competenze e capacità in tutta l’azienda;

-la visione collettiva di pensare nel lungo periodo ed imparare dall’esperienza: questo permetterà di prepararsi a possibili sconvolgimenti acquisendo la flessibilità che permetterà di modificare il business in base alle esigenze del mercato.  

 

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