Gestire il presente: dall’emergenza all’emergente
Gestire il presente: dall’emergenza all’emergente.
- Collaboratori indecisi, insicuri, non concentrati?
- Progettare e coordinare le attività è, mai come ora, complesso, confusionario, incerto?
- Ma perchè accade questo?
- Sono sintomi che precedevano l’emergenza sanitaria o sono emersi solo adesso?
Queste preoccupazioni possono essere vissute come fatti statici, ineludibili (emergenza), oppure come segnali deboli in movimento che guidano il fare delle organizzazioni (emergente).
Comprendere queste dinamiche è difficile. Non esiste una ricetta univoca per la soluzione. Esiste però una ricetta che permette di analizzare il problema e costruire un senso che ci orienti nel cambiamento: osservare la propria realtà e guardarla con occhi nuovi, non perdendosi “i cambiamenti che sono avvenuti”, l’emergente. Fare domande, chiedere alle nostre persone come si sentono, considerare le loro sensazioni e le loro preoccupazioni. Imparare dall’emergenza, da ciò che succede, dai contesti, dai collaboratori.
Accogliere l’emergenza
Passare dall’emergenza all’emergente richiede il sostare nell’imprevedibilità, accettare il disorientamento e accogliere l’attuale sentire delle persone.
Nel contesto presente incontriamo stress, preoccupazione, ormai trasformata in timore, legata all’instabilità economica e lavorativa. Molte persone hanno paura di perdere il lavoro, di dover restare a casa senza poter lavorare ancora a lungo, oppure di essere costrette a stravolgere ulteriormente le proprie abitudini a fronte della crisi.
Il timore nasce anche dall’incertezza rispetto al futuro: gestire collaboratori demotivati, soddisfare richieste pressanti, mantenere e subire un controllo costante. Ma anche l’affanno nel garantire la sicurezza, la preoccupazione di non essere all’altezza nel sostenere i recenti cambiamenti e nel saperne implementare di nuovi.
Il timore si può fondare, non per ultimo, sulla paura del contagio, di non sentirsi protetti in modo adeguato al lavoro, per sé e per i propri affetti.
Gestire l’emergente: fare priorità
Gestire il presente: dall’emergenza all’emergente. Significa fare priorità. Una priorità nuova che nasce della ricerca di significato attraverso domande, processi, relazioni, persone. Conoscere attraverso, fare diagnosi.
Facendo diagnosi organizzativa:
- Raccogliamo segnali deboli e forti (dati, sentiment, conflitti del contesto) e li integriamo in un nuovo quadro condiviso che racconta i problemi reali delle persone.
- Non fidiamoci delle nostre percezioni, del nostro punto di vista, che è solo uno dei tanti. Osserviamo l’interazione del problema reale con diversi strumenti di ricerca.
- Interpretiamo il quadro immaginando gli obiettivi sostenuti da un nuovo engagement.
- Definiamo le strategie, che includono funzioni, relazioni, processi.
Insomma, come dice Scharmer, pratichiamo il presencing: stiamo nel presente. Weick direbbe, sappiamo quello che stiamo facendo.
Fare domande (quelle giuste)
Per comprendere il problema reale bisogna porre le giuste domande. Non basta osservare i segnali della sofferenza e della fatica che esse ci mostrano, occorre chiederne il senso, la storia. Il semplice porre domande permette di accogliere i sintomi. Ascoltando il sentire delle persone possiamo comprendere non solo cosa li affligge, ma come possiamo migliorare la nostra organizzazione.
Gestire l’emergente: navigare insieme
Gestire il presente, dall’emergenza all’emergente, è come navigare (per saperne di più visita il nostro blog Epto Corner!) in un mare tempestoso, a volte senza una bussola che indichi la direzione giusta da prendere, le correnti, i flussi e i cambiamenti sono l’essenza di quello che i leader e i manager amministrano. Possiamo farlo insieme (Team Management, Casagrande 2020).
Potrebbe emergere il bisogno di una guida, di un sostegno, che permetta di vedere il non visto, di percepire lo sconosciuto, di tener conto dell’inaspettato. Si tratta di stare nel presente, ciascuno sapendo che cosa sta dando e che cosa sta ricevendo, accorgendosi di tutto ciò che emerge di nuovo, di buono, usandolo immediatamente. Direbbero gli economisti, “reinvestendo il capitale”. Perchè di questo si tratta: i piccoli cambiamenti, la comunicazione che diventa più fluida, l’aiuto che apparentemente emerge in modo spontaneo, il cambio di relazioni, l’engagement che aumenta sono valori che vanno immediatamente visti e spesi.