skip to Main Content

Job Crafting: l’esperienza raccontata

Job Crafting: L’esperienza Raccontata

C’eravamo dati un appuntamento, al termine del cantiere realizzato con l’aiuto del nostro sponsor aziendale, in questi sette mesi, dal novembre dello scorso anno a fine maggio. Avremmo raccontato la nostra esperienza, curiosi di poter dire la nostra sul tema del Job Crafting, così attuale.
Gli interventi sul job crafting, al 19th Eawop (Associazione Europea di Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni) Congress, realizzato nel mese di maggio, sono stati davvero molti.
Questo ci ha fatto piacere, perché significa che il job crafting, nato in contesti internazionali, procede nella sua diffusione in molte realtà. E risponde alle esigenze individuali di crescita e benessere e di conseguenza ottiene una maggiore appartenenza al contesto.

Cos’è il job crafting, per chi ancora non lo conosce

Nel nostro precedente articolo avevamo focalizzato i tre punti su cui le persone vanno a lavorare, durante il percorso di job crafting: compiti, relazioni e cognizioni.
Lavorando su queste tre aree, dando da subito nuove cornici, emergenti dalle operazioni sia manuali che di pensiero, le persone attribuiscono un significato diverso alle attività per loro primarie, ed iniziano a costruire un piano di lavoro che li vede impegnati nei cambiamenti da loro attesi.
I cambiamenti sono il fulcro dell’attività del job crafting.
Per realizzarli vengono attivate le risorse che il contesto lavorativo offre: bisogni, esigenze e desideri delle persone, i quali si esprimono nei valori, punti di forza e passioni che vengono riconosciuti e nominati dalle persone e le rendono più in grado di decidere quale azione intraprendere.
Ad esempio consolidare, aumentare delle abitudini lavorative, capacità, oppure abbandonare, lasciar perdere abitudini, poco significative nel contesto preso in considerazione.
E’ evidente che in queste operazioni, il contesto ne trae beneficio: l’operare è dinamico, relazionale e cognitivo.
Persone all’interno delle nuove cornici agiscono, si muovono, affrontano i rischi che accompagnano le novità e l’assunzione di responsabilità.

Cos’è successo nel nostro cantiere

Il gruppo è stato di 8 persone perché 2 partecipanti hanno ritenuto che l’esperienza non era possibile per loro, tenuto conto del periodo.
Utilissimo e divertente l’uso dello strumento, “Job Crafting Exercise” di Berg, Dutton e Werzesniewski, che abbiamo anche tradotto in italiano.
In primo luogo è stato fondamentale conoscere le ragioni, le opinioni e le motivazioni dei partecipanti. Abbiamo adottato un approccio qualitativo che potesse conciliare le due prospettive di Job Crafting che si sono sviluppate dal 2001.
Si è cercato di impostare la sperimentazione in modo tale da poter unire l’aspetto di Crafting Cognitivo introdotto da Wrzesniewski e Dutton (2001) e l’approccio basato sul modello JD-R di Tims e Bakker (2010). Abbiamo quindi utilizzato un nuovo approccio proposto da Bruning e Campion (2018) che definisce i comportamenti di approccio o evitamento al Job Crafting.

Lo studio cantiere

Lo studio “cantiere”, messo in atto durante i sette mesi, ha avuto lo scopo di percepire le motivazioni al ruolo dei partecipanti e la significatività che quest’ultimi danno al proprio lavoro. Abbiamo fornito loro una nuova prospettiva per plasmare il proprio ruolo in modo che si adattasse meglio alle caratteristiche personali. Ovvero passioni, valori e  punti di forza senza cambiare l’essenza delle loro mansioni.

L’utilizzo della metodologia del Job Crafting ha aiutato i partecipanti a inquadrare le attività svolte giornalmente. Collegandole alle persone coinvolte e alle motivazioni personali per poi racchiuderle in “cornici di ruolo”.
Lo sforzo cognitivo richiesto ai partecipanti è stato quello di definire queste cornici con un titolo che rappresentasse per ognuna lo scopo che si attribuisce alle proprie attività svolte. Successivamente hanno dovuto compilare un piano di azione personale che potesse guidarli durante i mesi successivi per ottenere i propri obiettivi lavorativi e personali.

I 5 mesi finali

Durante i restanti cinque mesi dopo la formulazione del piano di azione personale, sono stati monitorati i cambiamenti messi in atto dai partecipanti e le motivazioni che li hanno accompagnati.

Abbiamo così messo in luce non solo i comportamenti favorevoli al Job Crafting ma anche quelli di evitamento.
Grande attenzione è stata data al contesto lavorativo e alla relazione con i supervisori e come quest’ultima potesse influire sull’atteggiamento lavorativo dei partecipanti.

La sperimentazione

La sperimentazione, composta da un’intervista iniziale individuale e quattro incontri di gruppo con i partecipanti, ha dato esito positivo. La maggior parte delle persone selezionate ha avuto un grande coinvolgimento.
Ad alcune di queste la metodologia del Job Crafting le ha aiutate a mettere in atto comportamenti per migliorare la propria posizione lavorativa e personale.
Ad esempio integrando azioni non richieste dal proprio ruolo ma che portassero beneficio alla persona.

Il lavoro fatto nel gruppo, le interviste individuali, ci ha fatto immaginare l’intervento ideale, possibile:

  • due/tre mesi di lavoro focalizzato sui cambiamenti individuati significativi
  • aiuto del Team (altra cornice di significati collettivi)
  • aiuto di un possibile coaching individuale (cornice di significati specifici legati al ruolo)

Non c’è che mettersi al lavoro, un grazie sentito ai nostri sperimentatori!

Back To Top