La competenza 2.0 ed epto corner: what else?
“Musa, quell’uom di moltiforme ingegno
Dimmi, che molto errò, poich’ebbe a terra
Gittate d’Iliòn le sacre torri;
Che città vide molte, e delle genti
L’indol conobbe; che sovr’esso il mare
Molti dentro del cor sofferse affanni,
Mentre a guardar la cara vita intende,
E i suoi compagni a ricondur: ma indarno1…
(Omero)
La competenza delle persone è un asset fondamentale del successo delle organizzazioni.
Questo assunto è così ampiamente accettato e frequentemente ripetuto che rischia il destino di tutti i mantra: perdere di significato.
Essa è il vero oggetto, il primo oggetto di EPTO, il punto di partenza e la chiave di volta della valorizzazione.
Lì, dalla persona originaria, si integra e mescola nei team e diventa, attraverso la cultura organizzativa, il patrimonio, il bene invisibile per antonomasia, il cuore stesso della cultura perché rappresenta nel modo più evidente “il modo di fare le cose qui entro” (Schein 2001).
La competenza a vivere
Il tema si può introdurre a partire da un paradigma relativamente semplice: la competenza a vivere è nella persona. La possediamo tutti, si sviluppa per tutta la vita e diventa un modo di leggere, una prospettiva per interpretare le persone al lavoro. Non esaurisce il soggetto, né la persona, in nessun modo, ma è la condizione per valorizzarla.
La competenza a vivere è la nostra complessiva, complessa e globale abilità cognitiva e affettiva di essere e stare nel mondo. Di trovare il nostro posto e fare il nostro cammino.
Sia si tratti del mondo circoscritto e domestico, che di quello hegeliano “fatto di finitezza e di mutamenti, inviluppato nel relativo, oppresso dalla necessità”. Oppure di quello di Einstein “pervaso tutto dal mistero”, che desta stupore “per quanto si lascia cogliere dai nostri sensi inadeguati”. Di quello poetico della Dickinson “la natura è armonia – natura è quel che sappiamo, ma non abbiamo l’arte di dire – tanto impotente è la nostra sapienza a confronto della sua semplicità”.
Il costrutto
Il costrutto è un ingresso obbligato e dalla competenza a vivere si passa alla competenza manageriale e professionale.
Non può essere tout court utilizzato per la declinazione di un modello di competenza professionale e manageriale, ma vale come premessa sul piano teorico e consente di mantenere la consapevolezza circa l’ampiezza e la complessità del soggetto globale. Ma per raggiungere gli obiettivi, il linguaggio e le persone di un’organizzazione occorre modulare l’approccio e avvicinarlo alla vita organizzativa, al linguaggio e alla cultura della comunità vivente.
La competenza professionale e manageriale
Una definizione della competenza professionale e manageriale si occupa degli aspetti di applicazione in un contesto. Del suo versante operativo, degli indicatori osservabili nell’azione manageriale. Non può fermarsi alla caratterizzazione astratta.
Per definire e nominare le abilità cognitivo/affettive che sono comprese nelle attività pratiche occorre rinunciare al linguaggio che esprime strutture, processi o funzioni mentali per ricondurle alla sfera dell’azione e studiarle nei loro aspetti processuali e dinamici. L’azione professionale e manageriale, così come si sviluppa in situazioni e contesti specifici, diventa l’unità di analisi. L’attenzione si sposta dalle competenze cognitive e affettive ai processi relazionali e organizzativi attraverso i quali vengono espresse, utilizzate, trasformate e acquisite. La competenza professionale e manageriale, forse ancor più della competenza a vivere, può essere definita come una particolare modalità d’interazione e compliance con un contesto, una forma di integrazione/interazione reciproca tra persona e ambiente, fra l’agire professionale e l’organizzazione nella quale si esprime.
Il modello di competenza
Il modello di competenza è un media tra la competenza a vivere articolata, multiforme e polisemica, sociale, delle persone e l’ambiente costruito di una specifica organizzazione: è la mappa complessiva.
Quando è efficace, è contenuta nella memoria individuale e organizzativa, viene utilizzata per costruire senso e dare significato all’azione e alle relazioni tra le persone, viene richiamata per identificare le buone e le modeste performance, le buone e le cattive relazioni.
La mappa non è il territorio, ma può descriverlo con maggiore o minore accuratezza, può rappresentarlo con maggiore o minore condivisione. E’ quanto di meglio disponiamo oggi per i processi di valorizzazione, è l’oggetto della cura, dell’attenzione, il bene da ricercare e sviluppare.
La misurazione e valutazione delle competenze
Il modello di competenze di un’organizzazione pone un’altra questione di fondo: la misurazione e valutazione delle competenze. La loro descrizione e definizione nel modello di competenze di un’organizzazione non si ferma ad esercizio accademico, ha lo scopo evidente di ricavarne strumenti di valutazione della performance, del potenziale, di giungere ad una mappatura che fornisca un’epifania del patrimonio invisibile ed evidenzi i bisogni per lo sviluppo e le esigenze di sviluppo, ha scopi, ancora una volta molto pratici, concreti e orientati all’azione.